Lento come un treno. Un contributo su laVoce.info di Giorgio Stagni

Lento come un treno. Un contributo su laVoce.info di Giorgio Stagni

Dopo oltre almeno 20 anni di proclami relativi alla centralità della ferrovia e a faraonici progetti sulla rete principale, quasi tutti all’insegna dell’alta velocità, sarebbe lecito aspettarsi un servizio ferroviario sempre più veloce. Invece, appena fuori dalle grandi linee ad alta velocità (AV), la rete ferroviaria è sempre più lenta, come sanno bene pendolari e viaggiatori fedeli. Non per obsolescenza o disinvestimento, ma a causa di una miriade di questioni tecniche, ingarbugliamenti normativi, pressioni economiche, posizioni a favore della sicurezza, invero più teorica che reale, e finanche consuetudini mai aggiornate, che concorrono tutte ad andare piano, sempre più piano.

Questo l’incipit dell’articolo di Giorgio Stagni su laVoce.info che ci spiega il perché dei continui allungamenti di orario sulla rete, soprattutto ma non esclusivamente quella minore. L’autore riporta almeno tre ordini di problemi:

  1. vigono consuetudini mai messe in discussione, prive di qualunque senso tecnico, ma che nessuno ha intenzione di mettere in discussione, come assurdi limiti di velocità in rettifilo
  2. l’SCMT, il Sistema di Controllo Marcia Treno, è stato implementato privilegiando un criterio di sicurezza assoluta, che non ha alcun senso. L’esito è che in tutte le stazioni in cui non ci sono almeno 150m di distanza tra il segnale e il punto da proteggere, la velocità deve essere di soli 10km/h. Poiché le stazioni con questa limitazione sono tante e talvolta anche sulla rete non locale, l’effetto è che moltissimi treni sono artificialmente rallentati
  3. L’operatore – Trenitalia in quasi tutti i casi – non ha alcun incentivo a velocizzare i propri treni, sia perché questo lo salva da qualche ritardo, sia perché nessuno vuole prendersi la “responsabilità” di superare quelle vertiginose velocità, ma – soprattutto – perché i contributi dei treni regionali sono in parte a tempo e non a km!

Le conseguenze sono tutt’altro che “innocue”: l’idea che un mezzo sicuro come il treno debba essere reso ipersicuro rallentandolo ben oltre il ragionevole, si scontra con il fatto che gli utenti lo abbandoneranno, appena possibile, per passare ad un mezzo decisamente insicuro come l’auto. Con l’esito, dunque, di fare molte più vittime e gettare al vento decenni di costosi investimenti sulla rete.

L’articolo è leggibile sul sito della Voce, ma una versione più lunga e documentata è disponibile su stagniweb.